IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 3141/00 r.g.
proposto  da Rogolino Nicola, rappresentato e difeso dall'avv. Matteo
Riso,  nel  cui  studio,  sito  in  Reggio Calabria, via Orange, 8 e'
elettivamente domiciliato;
    Contro  Azienda  ospedaliera  «Bianchi - Melacrino - Morelli», in
persona  del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa
dagli   avv.   Giovanni   Foti  e  Angelo  Rabotti  ed  elettivamente
domiciliata  presso  il proprio ufficio legale interno sito in Reggio
Calabria,   via   prov.   le   Spirito  Santo,  24  per  ottenere  il
riconoscimento    del    proprio   diritto   all'attribuzione   della
maggiorazione,  nella misura del 40%, della retribuzione di posizione
come  prevista dall'allegato 6 del CCNL per la dirigenza medica del 5
dicembre  1996, per il periodo dall'8 marzo 1996 al 31 dicembre 1998,
con la condanna della stessa la pagamento di quanto dovuto.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Azienda intimata;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Designato per la pubblica udienza del 3 dicembre 2003 il relatore
Caterina  e  Criscenti  ed  uditi  i  procuratori delle parti come da
verbale;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

                              F a t t o

    Con  ricorso  notificato  in  data  7 dicembre 2000 e ritualmente
depositato   Rogolino  Nicola,  dipendente  dell'Azienda  ospedaliera
«Bianchi  - Melacrino - Morelli» quale dirigente medico di II livello
della disciplina di radiologia, lamenta la mancata corresponsione per
il periodo 8 marzo 1996 - 31 dicembre 1998 della indennita' dovuta ai
responsabili  di  dipartimento, qualifica da lui assunta dall'8 marzo
1996  ed  esercitata ininterrottamente sino al 7 marzo 2000, data del
suo collocamento in pensione.
    Nonostante,  infatti il CCNL della dirigenza medica, stipulato il
5  dicembre  1996  e  valido economicamente dal 1° gennaio 1996 al 31
dicembre  1998,  preveda  tale  specifica  indennita', l'Azienda, con
delibera n. 2212 del 19 ottobre 1999, pur riconoscendogli le funzioni
di  direttore  e  responsabile di dipartimento sin dall'8 marzo 1996,
gli  attribuiva la predetta indennita' solo dal 1° gennaio 1999 e non
per il periodo pregresso.
    Si costituiva l'amministrazione, eccependo l'inammissibilita' del
ricorso  per  decadenza  per  il periodo fino al 30 giugno 1998 ed il
difetto di giurisdizione del Tribunale amministrativo regionale adito
per   il   periodo   successivo;   nel   merito  rilevava,  comunque,
l'infondatezza   della  domanda  non  risultando  integrati  tutti  i
presupposti  previsti  dal CCNL per la corresponsione dell'emolumento
preteso dal ricorrente.
    Sul  primo  rilievo  il  sanitario,  gia'  in  ricorso,  rilevava
l'inapplicabilita'   del  termine  decadenziale  ex  art. 2966  c.c.,
essendo  intervenuto  da  parte  dell'Azienda  il  riconoscimento del
diritto    soggetto    a    decadenza;    in    subordine    eccepiva
l'incostituzionalita' dell'art. 45, d.lgs. n. 80/1998.
    Acquisite ulteriori memorie difensive, all'udienza pubblica del 3
dicembre 2003 la causa e' stata posta in decisione.

                            D i r i t t o

    1.   -   Deve   preliminarmente   valutarsi   il   profilo  della
giurisdizione.
    1.a.  - La controversia in esame coinvolge questioni attinenti al
rapporto  di  lavoro  comprese  tra  l'8 marzo 1996 ed il 31 dicembre
1998.
    Per le questioni relative al periodo 1° luglio - 31 dicembre 1998
si   dichiarera',   con   separato   provvedimento,   il  difetto  di
giurisdizione.
    1.b.  -  Sulle  questioni  anteriori alla data del 30 giugno 1998
rileva il problema del momento della proposizione del ricorso.
    L'art. 69,  settimo comma, d.lgs. 30 marzo 2001 n. 167, abrogando
l'art. 45,  comma  17,  d.lgs.  31  marzo  1998  n. 80, ha stabilito,
infatti,  che  «le  controversie  relative  a  questioni attinenti al
periodo  del  rapporto  di  lavoro anteriore a tale data [ossia al 30
giugno  1998]  restano  attribuite  alla  giurisdizione esclusiva del
giudice  amministrativo  solo qualora siano state proposte, a pena di
decadenza, entro il 15 settembre 2000».
    Questo  tribunale  -  che  pure in diverse precedenti pronunce su
ricorsi  depositati  successivamente  alla data del 15 settembre 2000
aveva ravvisato la propria carenza di giurisdizione - ritiene oggi di
dover  prendere  atto  ed  adeguarsi alla interpretazione regolatrice
della  Corte  di cassazione a sezioni unite, costante con riferimento
ad entrambe le disposizioni, ritenute sostanzialmente identiche (cfr.
ordd.  17  giugno  2002, n. 8700; 4 luglio 2002, n. 9690; 21 novembre
2002, n. 16427; 24 gennaio 2003, n. 1124; 30 gennaio 2003, n. 1511; 7
marzo  2003,  n. 3512)  secondo  la quale il termine del 15 settembre
2000 - relativamente alle questioni attinenti al periodo del rapporto
d'impiego  anteriore  al  30  giugno 1998 - non costituisce un limite
alla   persistenza   della   giurisdizione   esclusiva   del  giudice
amministrativo,  cui  spetta  la  giurisdizione su tutte le questioni
sorte  in  un  periodo  antecedente  al  30 giugno 1998, ancorche' il
giudizio   -   come   nel  caso  in  esame  -  sia  stato  instaurato
successivamente alla data del 15 settembre 2000.
    Deve, dunque, affermarsi - come gia' ritenuto anche dal Consiglio
di  Stato  (vd.  IV, ord. 10 maggio 2002, n. 1752) - la giurisdizione
del giudice adito.
    2.  -  Cio'  premesso in punto di giurisdizione, ne consegue che,
facendo   applicazione   del  disposto  normativo  sopra  richiamato,
dovrebbe  dichiararsi la decadenza sostanziale della pretesa, essendo
stato  appunto  il  ricorso  proposto dopo il 15 settembre 2000 e non
sussistendo - contrariamente a quanto asserito dal ricorrente - alcun
riconoscimento,   neppure   implicito,   del   diritto  al  pagamento
dell'indennita'  che  qui  si e' inteso azionare, che escluderebbe ex
art. 2966 c.c. l'operativita' della decadenza.
    In merito tribunale ritiene pero' di dover sollevare la questione
di  costituzionalita' dell'art. 69, comma 7, cit., nella parte in cui
prevede  il  termine di decadenza, per violazione degli artt. 3, 24 e
113, e 76 Cost.
    3.  -  Quanto  all'art. 3  Cost.,  l'aver  imposto  ai dipendenti
pubblici  il  termine  di  decadenza  al  15  settembre  2000  per la
proposizione  di  domande  relative  a  diritti  maturati entro il 30
giugno  1998  e  aver mantenuto per i dipendenti privati gli ordinari
termini prescrizionali altera significativamente ed irragionevolmente
l'uguaglianza  tra  i  primi  e i secondi, da sempre riconosciuta sul
piano  costituzionale  dalla stessa Corte (vd. la storica sentenza 28
giugno 1985 n. 190) e oggi accentuata, sul piano della disciplina del
rapporto,  dalle  leggi  di  riforma  del  pubblico  impiego  nel cui
contesto si inserisce la norma censurata.
    La  fissazione di un termine di decadenza per far valere, davanti
al giudice amministrativo, i diritti soggettivi attinenti al pubblico
impiego  maturati  prima  del  30 giugno 1998 introduce, infatti, una
discriminazione  tra  lavoratori  del  settore  privato,  per i quali
rimane   impregiudicata   la  possibilita'  di  azionare  la  pretesa
patrimoniale  entro  il  termine  quinquennale  di  prescrizione  dei
crediti  di  lavoro, previsto in via ordinaria dall'art. 2948 c.c., e
lavoratori  del  settore  pubblico,  ai quali viene concesso un tempo
assai piu' esiguo.
    3.a.  -  E la violazione del precetto d'uguaglianza non si coglie
solo  nella  diversa  consistenza del termine decadenziale rispetto a
quello  prescrizionale:  la  disparita' di trattamento viene esaltata
dal  complesso  della  disciplina  dei  due  istituti  (quello  della
decadenza   e   quello   della  prescrizione)  e  segnatamente  dalla
circostanza   che   i   termini   di   prescrizione   sono   soggetti
all'applicazione  degli  istituti interruttivi, mentre per il termine
di decadenza i medesimi atti interruttivi sono inefficaci.
    L'utilizzo dello schema della decadenza, in luogo di quello della
prescrizione,  determina, infatti, l'applicazione dell'art. 2964 c.c.
(«quando un diritto deve esercitarsi entro un dato termine sotto pena
di  decadenza,  non  si  applicano le norme relative all'interruzione
della  prescrizione»)  e  dell'art. 2966  c.c.  («la decadenza non e'
impedita  se  non dal compimento dell'atto previsto dalla legge o dal
contratto»)  con  la conseguenza che ex art. 69, settimo comma, per i
diritti  maturati  anteriormente  al  30  giugno  1998,  al  pubblico
dipendente  non  e'  concessa la possibilita', riconosciuta invece al
dipendente  privato,  di  rimandare  la decisione di agire davanti al
giudice,  provvisoriamente  pero'  salvaguardando  i  propri  diritti
attraverso  un  atto  stragiudiziale  di  messa  in  mora,  capace di
interrompere la prescrizione ma non di impedire la decadenza.
    4.   -   Appare   altresi'  evidente  a  questo  giudice  che  la
compressione  del  diritto  di azione dei pubblici dipendenti operata
dalla  disciplina  transitoria in esame si ponga in contrasto con gli
artt. 24 e 113, Cost.
    E'  vero  che  -  cosi'  come piu' volte riconosciuto dalla Corte
costituzionale  -  rientra  nella discrezionalita' del legislatore il
determinare  l'ampiezza  del  termine nel quale potere agire a tutela
dei propri diritti ed interessi.
    Ma  tale  discrezionalita'  incontra  il  limite  di  non rendere
eccessivamente difficile l'esercizio del diritto.
    Nella  specie  il  termine del 15 settembre 2000 rende certamente
oltremodo  gravosa  la  tutela  giurisdizionale del lavoratore, se si
pone  mente  non  tanto in astratto al lasso di tempo concesso, ossia
quello  che  intercorre tra il 30 giugno 1998 ed il 15 settembre 2000
(in  se'  obiettivamente non ampio), quanto soprattutto alla speciale
struttura e dinamica del rapporto di lavoro su cui esso incide.
    4.a.  -  Avviene,  infatti, che le questioni controverse non solo
perdurino  -  come  nel  caso  in esame - oltre la data del 30 giugno
1998,  ma  che si completino e si consolidino i presupposti necessari
per una tutela giurisdizionale solo in epoca successiva a tale data.
    Si  pensi  ad  un  provvedimento  di incarico allo svolgimento di
mansioni  superiori  adottato  nel  giugno  1998:  in  questo caso il
diritto del dipendente alla retribuzione sorge e con il provvedimento
di  incarico, ma anche con lo svolgimento effettivo e protratto delle
mansioni.   Pertanto,   poiche'  in  tale  ipotesi  la  giurisdizione
appartiene  al  giudice amministrativo perche' il sorgere del diritto
del  dipendente  presuppone  un  atto dell'amministrazione (cosi', ex
plurimis,  Cass.,  s.u.,  11  giugno  2001,  n. 7856  e 7 marzo 2001,
n. 89),  lo  spatium  deliberandi lasciato al dipendente per valutare
l'azionabilita'  della  propria  pretesa,  ossia  appunto  il termine
decandenziale,  non  sara' effettivamente di due anni e settantasette
giorni (tale e' l'intervallo che vi e' tra il 30 giugno 1998 ed il 15
settembre  2000),  ma assai meno, forse solo alcuni giorni. A cio' si
aggiunga l'incertezza che sussiste in simili ipotesi sulla tutela del
dipendente  per  il  periodo successivo al 15 settembre 2000, termine
ultimo di proposizione del ricorso.
    O  si  ponga  mente  ancora  alla  rilevanza,  nella  materia  in
questione,  dei  contratti  collettivi,  spesso  approvati  in  epoca
successiva  rispetto  a  quello  della  loro vigenza sotto il profilo
economico  ed  alle complesse problematiche interpretative che spesso
da essi discendono, come il caso in esame dimostra.
    4.b.  -  Ad  avviso  di  questo  giudice,  dunque,  il termine di
decadenza  cosi'  ristretto  intanto  sacrifica  fortemente,  per  la
peculiare    materia   cui   inerisce   (sopra   solo   sommariamente
esemplificata), l'interesse del soggetto onerato dal rispetto di esso
e,  in  ogni  caso,  non  trova  giustificazione  alcuna, perche' non
risponde  neppure ad un generale interesse dell'ordinamento al celere
compimento   dell'attivita'   processuale   soggetta  al  termine  di
decadenza.
    Ed, infatti, in primo luogo la fase transitoria della devoluzione
della  materia  del lavoro pubblico e' stata disciplinata con l'unico
obiettivo  di  non  aggravare,  con  un passaggio in blocco del nuovo
contenzioso,  il  giudice ordinario. Un'analoga preoccupazione - come
si evince anche dai lavori preparatori - non e' emersa per il giudice
amministrativo,  tanto  che  si  e' ritenuto di compensare la perdita
della  materia  del  pubblico  impiego  con  l'attribuzione  di nuove
materie  di  giurisdizione esclusiva. Posto, dunque, che le questioni
ante  30  giugno  1998  appartengono  comunque alla giurisdizione del
giudice  amministrativo,  appare  inutile  ed  irragionevole porre un
termine di decadenza sostanziale.
    Secondariamente  poi,  l'effetto  di tale disposizione non potra'
che  essere  - per le questioni che perdurano oltre il 30 giugno 1998
(assai  frequenti,  essendo  il  rapporto  di  lavoro  un rapporto di
durata)   -   opposto   a  quello  voluto  dal  legislatore,  perche'
determinera'  un  inevitabile  appesantimento  del lavoro del giudice
ordinario.
    A  fronte di una pronuncia di mera decadenza adottata dal giudice
amministrativo,   il   lavoratore   «decaduto»  agira'  per  la  fase
successiva  (non  soggetta a termini di decadenza) innanzi al giudice
ordinario,   il   quale   dovra'  esaminare  ex  novo  la  questione,
necessariamente  valutando,  sia  pure  incidentalmente o a soli fini
istruttori,  la  fase  pregressa,  non  potuta  vagliare  dal giudice
amministrativo, con una notevole diseconomia processuale.
    In conclusione, fermo restando per le esigenze sopra accennate il
limite sostanziale del 30 giugno 1998 (oltre che gli ordinari termini
di   prescrizione),   non   si   ravvisano  adeguate  giustificazioni
all'introduzione di un termine ulteriore di decadenza incidente sulla
proponibilita'  della  domanda  innanzi  al  giudice  amministrativo,
sicche'  la disposizione per tale ragione appare in contrasto con gli
artt. 24 e 113, Cost.
    5.  -  Deve infine denunciarsi il contrasto dell'art. 69, settimo
comma cit. con l'art. 76, Cost.
    La  legge-delega  n. 59/1997  (ai  cui  contenuti deve riportarsi
anche il d.lgs. n. 165/2001) invitava il Governo a predisporre misure
organizzative  e  processuali  anche  di  carattere  generale  atte a
prevenire   disfunzioni   dovute   al  sovraccarico  del  contenzioso
(art. 11).
    Premesso che dal tenore stesso della norma, che pone da ultimo ed
«infine»    la   questione   della   contestuale   estensione   della
giurisdizione   amministrativa,   si   desume   che   il  riferimento
all'introduzione  delle  predette  misure  organizzative  non  e'  di
carattere  generale,  ma  attiene  alle sole controversie devolute al
giudice ordinario, immediatamente prima indicate, l'imposizione di un
termine  di  decadenza  per  far  valere i diritti dinanzi al giudice
amministrativo non serve a deflazionare i carichi processuali davanti
al giudice ordinario (ed anzi, come si e' ipotizzato prima, puo' solo
condurre  all'effetto  opposto)  e non costituisce misura processuale
giacche' estingue il diritto sul piano sostanziale.
    Esso  si  pone  dunque radicalmente in contrasto con le finalita'
che, attraverso i principi ed i criteri enunciati, la legge-delega si
e' prefissa.